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e dopo l’etichetta il cartone

Scriveva Henri Frédéric Ariel: “Il paesaggio è uno stato d’animo”.

In effetti il paesaggio è in grado di generare emozioni e porta con sé un messaggio che si trasmette in modo inconscio, infatti, tutto ciò che nasce da una base che cattura, attrae e coinvolge i nostri sensi, viene immediatamente associato ad un valore qualitativo.

Le case in campagna, ad Alcamo, sono due, identiche e speculari.

Ti aspettano sulla destra a poche centinaia di metri dal bivio, lì dove la strada provinciale 10, pur rimanendo immutata, dopo la curva, prende nome di strada provinciale 18. Al bivio, oltre ad un ulivo circondato da cespugli di lavanda, da poco, è stato installato un cartello di legno con incisa la parola Rallo. E’ un monito: non sei ancora arrivato ma non ti sei perso. Se sei lì manca un’ultima manciata di passi. Si tratta di un cartello rassicurante, forse. Le case sono state costruite dopo il violento terremoto del Belice, nel 1968.

I resti di quelle vecchie sono nelle vicinanze, immobili e silenziose come statue collocate sul piedistallo di una collinetta, a poche centinaia di metri dalle nuove abitazioni.

Quanto è rimasto del terremoto non è stato toccato, si è costruito il futuro altrove lasciando il passato, o quel che ne restava, fermo e a bella vista nel presente.

Incontrare i ruderi lungo il cammino a piedi è d’obbligo, il più breve giro d’accoglienza in vigna parte proprio da quel pendio. Subito dopo una piccola inerpicata, infatti, ci si ferma nell’unica pianura presente, quella delle case vecchie, appunto. Scorgere le macerie man mano che si sale nella passeggiata ha qualcosa di vagamente rassicurante. Rappresentano una sorta di punto fisso, uno di quelli che sei sott’acqua devi memorizzare per orientarti, gli unici in grado di non farti perdere, di tranquillizzarti.

Vicino le case vecchie, alle teste di ogni filare ci sono rose, per lo più sono rosse, simbolo per eccellenza di passione e amore eterno. Un po’ come delle mamme che accudiscono i figli le rose osservano silenziose lo sviluppo della vigna, ammalandosi per prime se qualcosa non dovesse andare nel verso giusto. Magari quelle pietre, divenute oggi esempi di muri a secco, hanno ripreso a nostra insaputa la funzione di abitazione, chi lo sa.

Le case nuove sono due, identiche e speculari.

Il vino prodotto dalle uve coltivate ad Alcamo, in contrada Patti Piccolo, diventa allora un mezzo per poter raccontare la nostra storia in quanto, concordi con J. R. Pitte, per cogliere appieno l’unicità del paesaggio bisogna conoscere la storia e la cultura che lo ha creato: “ciò che si vede in un paesaggio è molto di più delle forme, delle ombre e dei disegni. E’ un’intera civiltà. Senza dubbio vedere è sapere, ma sapere aiuta a vedere”.

Ecco allora la decisione di illustrare le case, identiche e speculari, nel nuovo cartone del Catarratto Naturale, senza solfiti aggiunti, prossimo all’imbottigliamento.

L’ autenticità e l’identità che stiamo ricercando possono essere forniti solo dal luogo di origine. L’immagine e i caratteri di un sito produttivo possono far riemergere il senso di appartenenza e di naturalità altrimenti difficilmente individuabili.

Un messaggio chiaro e nel contempo impegnativo per tutti noi.