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La Maggiore

Nasce LaMaggiore, il primo petillant firmato Rallo Azienda Agricola.

Pétillant Naturel, abbreviato in Pét-nat, o semplicemente petillant, termine francese traducibile in “naturalmente frizzante”.

In quanto naturale questo vino è la rappresentazione senza filtri del territorio in cui viene prodotto. 

Se con l’AV01, catarratto orange, a raccontarsi erano le colline alcamesi, con il petillant LaMaggiore prendono voce le distese pianeggianti del litorale marsalese, la potenzialità dei loro vitigni e fra tutti il Grillo, per la realizzazione di un vino espressione del territorio che così vinificato esalta il buon corredo di acidità.

E’ con spirito di curiosità che ci siamo avvicinati a questo progetto nonché a questa cultivar cercando di capirne le diverse sfaccettature, un’uva dinamica e versatile adoperata storicamente per conferire ricchezza e aromaticità al marsala e che ha dimostrato di saper dare vita anche a vini freschi, strutturati, di buon corpo e minerali.

In casa Rallo con il Grillo vengono prodotti oltre alle due tipologie di marsala, vergine e superiore semisecco, due vini da pasto: la selezione de “La Cuba” e il monovarietale “Bianco Maggiore”. Di quest’ultimo, recentemente è nata anche la sua versione “Junior”, da 375 ml.
Immediata per la nuova etichetta un rimando ad una figura femminile “La Maggiore” che con le sue caratteristiche esuberanti, riuscisse a completare la famiglia. Ecco allora lo stesso airone, riprodotto in attesa nella bianca scacchiera delle saline marsalesi, questa volta riprodotte con giochi di colori pantone e lamine in oro.

Il Petillant si basa su un’unica fermentazione, svolta in parte in vasca e in parte in bottiglia, quando ancora non tutti gli zuccheri sono esauriti. Il vino imbottigliato fa sì che l’anidride carbonica prodotta dalla fine della fermentazione rimanga intrappolata nella bottiglia, rendendo così il vino frizzante. Ma procediamo con ordine.

Le uve, raccolte già a fine agosto, manualmente in cassette da 15 kg circa, iniziano il loro percorso con una pressatura soffice cui segue una prima fermentazione del mosto, in vasche di acciaio inox, a temperatura controllata di 18 gradi centigradi. 

A distanza di 8 giorni, la temperatura viene ridotta, provocando prima un rallentamento e poi l’arresto della fermentazione. 

Ecco il momento dell’imbottigliamento. 

I lieviti non hanno ancora completato il loro lavoro, lo faranno in bottiglia quando la temperatura tornerà ad innalzarsi creando quella che sarà l’effervescenza.

Riponendo le bottiglie in cantina e lasciando che la temperatura riprenda lievemente a salire, si favorisce la ripresa della fermentazione: i lieviti rendendo il vino frizzante rilasceranno residui che si depositeranno sul fondo, donando al prodotto finito una maggiore complessità aromatica, con evidenti sentori di crosta di pane. 

Rispetto agli altri vini frizzanti, il petillant è imprevedibile perchè non si ha controllo sulla fermentazione in bottiglia e quindi ogni bottiglia sarà leggermente diversa dalle altre. 

Non è un vino adatto a lunghi invecchiamenti per cui è meglio berlo entro alcuni mesi dall’acquisto. Di contro è un vino divertente e versatile. Non è ad alta gradazione alcolica e si sposa con piatti leggeri, primi di pesce, crudità di mare, carne bianca, cucina mediterranea. 

Al naso i profumi tipici della cultivar, gli agrumi, tra cui spicca il pompelmo, ricordi di erbe aromatiche, il timo, la pera. In bocca è secco, di una bella acidità e freschezza. Equilibrato e armonico. E’ un vino croccante e divertente da bere con una spiccata personalità.

È in continuo mutamento, fresco, brioso e di una complessità che non ci si aspetta.

Sarà un vino diverso dagli altri, piacevole da scoprire, qualcosa di sicuramente poco omologato: un vino che stupirà.

“La Maggiore, finalmente, è sulla bianca scacchiera. 

Occhi bruni, uno all’argine e l’altro alla laguna, 

in silenzio contemplano terra e mare. 

Pastelli tra la macchia che è già di calendula e limonio. 

Piume candide le incorniciano il becco paglierino. 

E’ Lei, in fermento tra le salmastre calure.

Un nido l’attende 

lì dove l’estremo è vita, tra i tufi e gli specchi della palude. 

Dove l’umana specie carezza gli acini dolci di sale. 

Dove l’umano si inchina dinnanzi ai frutti di un solo respiro.”